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Alessandro Galimberti Seminarista

Testimoni

Lissone, Monza e Brianza, 10 agosto 1980 – Milano, 3 gennaio 2004

Alessandro Galimberti nacque il 10 agosto 1980. Conseguita la maturità scientifica, entrò nel Seminario dell’Arcidiocesi di Milano nel settembre 1999. Pochi mesi dopo, si manifestarono i primi sintomi di una grave malattia autoimmune del sangue: il giovane lottò contro di essa con le armi della sua fede e della sua innata allegria. Morì il 3 gennaio 2004, due anni prima della sua ordinazione sacerdotale. I suoi resti mortali riposano presso il Campo 2 del cimitero cittadino di Lissone. Alla sua storia è ispirato il film autoprodotto «Voglio essere profumo».



Alessandro nacque il 10 agosto 1980 da Luigi Galimberti e Maria Grazia Colombo e fu battezzato quattordici giorni dopo, nella chiesa prepositurale dei Santi Pietro e Paolo a Lissone. Il clima religioso, per così dire, si respirava in famiglia: il fratello della madre, don Ambrogio, era responsabile dell’oratorio della stessa parrocchia, quando i suoi genitori si conobbero; due zie paterne, invece, sono fra le Suore di Carità dette di Maria Bambina.
Una di loro, suor Maria Teresa, ricorda come, quando tornava a casa dalla missione in Zambia dove tuttora lei opera, il piccolo Alessandro osservasse con attenzione e stupore le diapositive raffiguranti gli animali della savana che lei gli mostrava. Invece una sua consorella, che lo seguiva nell’asilo infantile cui era stato iscritto, ricorda che inizialmente era timido, ma col tempo si aprì ai compagni.
Il giorno del suo primo incontro con Gesù nell’Eucaristia fu il 23 aprile 1989, ma già in terza elementare era entrato nel Gruppo Chierichetti della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. A dodici anni, in un suo componimento, si definì «sempre pieno di voglia di giocare», ma, allo stesso tempo, iniziava a sentire dentro di sé un desiderio ancora più grande.
A ridosso del 9 maggio 1992, giorno in cui avrebbe ricevuto il sacramento della Confermazione, scrisse sul suo quaderno di catechismo: «Gesù, sabato riceverò la cresima e ti voglio promettere di seguire la tua strada e donarmi a te, aiutando gli altri». In un biglietto per quella circostanza, suo nonno gli scrisse un augurio: «Attenzione! Sei diventato soldato di Cristo. Combatti e vincerai». Il ragazzino provò a mantenere la promessa continuando il servizio all’altare, poi, con il passare degli anni, divenendo vice-responsabile del Gruppo Chierichetti e aiuto-cerimoniere parrocchiale.
In generale, la formazione ricevuta nell’oratorio della sua parrocchia, intitolato a san Luigi Gonzaga, lasciò una netta impronta su di lui. Così dichiarò in una testimonianza pronunciata il 21 aprile 2002, Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, nella comunità parrocchiale di san Lorenzo a Lazzate, dove stava svolgendo il suo tirocinio pastorale: «Oratorio è per me luogo di fede molto forte. Tutto si è giocato attorno a quelle quattro mura e a quella quantità di polvere respirata. Tanto che posso dire: “Signore, che bello con Te”».
Terminate le medie, Alessandro s’iscrisse al Liceo Scientifico con indirizzo tecnologico presso le Opere Salesiane di Sesto San Giovanni. Anche di quel luogo conservò un ricordo grato, tanto da considerare san Giovanni Bosco, insieme a san Filippo Neri e a santa Teresa di Gesù Bambino, tra i modelli principali per la sua vita. «In una classe un po’ difficile», ha dichiarato un suo professore, «lui aveva un temperamento stabile, sereno. Aveva un carattere capace di tirare diritto anche in mezzo alle bufere e aveva buone relazioni con tutti. Non era uno studente brillante, ma impegnato e desideroso di portare a termine i suoi impegni».
Una volta conseguito il diploma e dopo essersi fatto aiutare, nel discernimento, dallo zio don Ambrogio, nel settembre 1999 entrò nel Seminario dell’Arcidiocesi di Milano, per frequentare il Corso Propedeutico agli studi teologici, che all’epoca era ospitato nella sede di Venegono Inferiore. A causa del suo carattere, diventato più vivace di quand’era bambino, poteva non essere molto ben visto da alcuni compagni, ma strinse ugualmente dei legami di amicizia con molti di loro.
Pochi mesi dopo, nella primavera del 2000, Alessandro prese ad avvertire un malessere persistente: era il primo sintomo di quella che si rivelò essere una malattia autoimmune del sangue, diagnosticata a volte come eritroblastopenia, altre come leucopenia. Nonostante il progredire della malattia, cercò di mantenersi fedele ai suoi impegni di studio e di preghiera, come ricordano i suoi professori, gli amici seminaristi e quelli della sua città. Dopo il Corso Propedeutico, passò alla sede di Seveso per il biennio di Teologia.
Il segreto della sua vita da seminarista si può riassumere in tre atteggiamenti: la Visita a Gesù nel Tabernacolo, l’attento discernimento fra il bene e il male, la lettura e l’interiorizzazione della Parola di Dio. Quanto alla sua singolare condizione, come gli suggeriva il padre spirituale del Seminario, preferiva definirsi un “sano malato” e chiedeva di non essere considerato unicamente come un caso clinico, bensì un ragazzo normale.
Ciò non vuol dire, comunque, che non fosse consapevole di ciò che gli poteva accadere. Prova ne è il fatto che un giorno, durante un prelievo, mentre i medici scherzavano con lui e rispondeva sorridendo, divenne improvvisamente serio e formulò una richiesta: «Sì, va bene! Dottore, io non le chiedo tanto, io non voglio tanto. Le chiedo solo di farmi vivere ancora quattro anni, il tempo di diventare prete. Le chiedo il tempo di celebrare una Messa, la mia Messa, una sola volta: una Messa vale tutte. Dottore, il tempo di una Messa...».
Il 4 novembre 2002 i seminaristi di III Teologia, passati dalla sede di Seveso a quella di Venegono Inferiore (dal 2013 sede unica del Seminario ambrosiano), compirono nel Duomo di Milano il rito di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato. Alessandro, però, non era tra di loro, a causa delle sue condizioni fisiche. Il cardinal Dionigi Tettamanzi, da poco succeduto al cardinal Carlo Maria Martini sulla cattedra di sant’Ambrogio, andò a trovarlo all’ospedale Policlinico di Milano, dov’era ricoverato, e gli promise che avrebbe personalmente celebrato quello stesso rito solo per lui. Avvenne poco tempo più tardi, nella cappella di Teologia (la cosiddetta “Basilica”) del Seminario di Venegono.
Poco più di un mese dopo, al giovane venne concesso un regalo inatteso: poter vedere di persona papa Giovanni Paolo II. Dopo alcuni accordi, fu fissata la data del 14 dicembre 2002. Così, accompagnato dalla madre, dal fratello Davide, anche lui seminarista diocesano (è sacerdote dal 2008) e dal professore di Storia della Chiesa in Seminario, monsignor Ennio Apeciti, partecipò alla Messa celebrata dal Pontefice nella sua cappella privata. In quella circostanza, lui proclamò la Prima Lettura, mentre al fratello toccò il Salmo.
Dopo aver brevemente parlato col Papa, Alessandro stava quasi per essere congedato, quando il segretario particolare, don Stanislao Dziwisz (ora Cardinale Arcivescovo di Cracovia), gli sussurrò qualcosa in polacco, forse per spiegargli la sua situazione. Subito, lui gli pose la mano sulla testa e gli disse: «Guarirai!», o comunque gli rivolse parole d’incoraggiamento.
Effettivamente, per un po’ di tempo Alessandro sembrò migliorare. Impegnandosi a fondo, tra un controllo e l’altro, riuscì a superare alcuni esami e prese parte all’Oratorio Estivo del 2003, spendendo le sue energie per i bambini e gli animatori, cui indirizzò numerose lettere.
A settembre, in occasione della Missione Vocazionale organizzata dal Seminario, che quell’anno si svolgeva ad Abbiategrasso, accompagnò i ministri straordinari dell’Eucaristia nella visita ad alcuni malati. In quel periodo entrò a far parte dell’équipe di Pastorale Vocazionale con altri seminaristi del Quadriennio Teologico: in particolare, curava una rubrica intitolata «Preghiamo con i personaggi della Bibbia» su «Fiaccolina», mensile dedicato in particolare ai chierichetti ambrosiani.
Inaspettatamente, durante un ricovero nel mese di novembre, fu colpito da un’infezione. Dopo aver saputo che era entrato in coma farmacologico, i suoi compagni trascorsero la notte in preghiera: quando si riprese, mantenne i contatti con loro. Alessandro a volte aveva paura, ma era sostenuto dalle preghiere di tante persone e dalla convinzione che, come riferì a monsignor Apeciti, «Il Signore non ci vuole pessimisti: non è vero?». In un altro colloquio, gli confidò: «Don, tra due giorni sono cinquanta giorni che sono qui. È la mia Pentecoste. Lo Spirito verrà e mi riempirà e farà certamente qualcosa».
La sera del 2 gennaio 2004 il ragazzo entrò in fase terminale. I medici suggerirono ai genitori e allo zio di andare a casa a riposare, credendo che il momento tanto temuto dovesse ancora tardare. Invece arrivò, verso le quattro del mattino del 3 gennaio.
Don Piero Cresseri, all’epoca cappellano del Policlinico di Milano, chiese di non coprire il corpo di Alessandro con un lenzuolo, finché non fossero arrivati i familiari. Quando furono entrati, la madre, facendo sue le parole e la condizione del biblico Giobbe, disse: «Il Signore me l’ha dato, il Signore me l’ha tolto; sia benedetto il nome del Signore».
I funerali si svolsero nella Prepositurale di Lissone il 5 gennaio e furono preceduti, la sera del 4, da una veglia di preghiera presieduta dal cardinal Tettamanzi. Per espressa richiesta di Alessandro, la sua bara era di colore bianco.
Le iniziative per ricordarlo furono da subito numerose: le riviste del Seminario gli diedero ampio risalto e, in particolare, sul numero di febbraio 2004 di «Fiaccolina», gli amici dell’équipe vocazionale composero l’ultimo articolo della sua rubrica ispirandosi al suo stile e attingendo ai suoi scritti spirituali.
Domenica 11 giugno 2006, il giorno in cui i candidati al sacerdozio di quell’anno celebrarono la loro Prima Messa, anche l’Unità Pastorale in Lissone (ora Comunità Pastorale «Santa Teresa Benedetta della Croce») volle celebrare con solennità l’Eucaristia, come se fosse quella liturgia che Alessandro aveva tanto desiderato.
Il 23 luglio dello stesso anno fu eretto dagli adolescenti e dai giovani suoi amici un altare sul Mont Rous, cima appartenente al gruppo delle Grandes Murailles, dove già si trovava una croce in ferro, fatta collocare dallo zio don Ambrogio Colombo. Sulla lastra di cristallo che costituisce la mensa, furono incise alcune parole tratte dai suoi scritti e riadattate: «Ho cercato di portare il mio sguardo al di là del mondo, ho cercato di vedere come la vita nasce nelle profondità della terra, ho camminato. E poi mi sono seduto ai piedi della croce: per cercare me stesso nel silenzio. Ho trovato la gioia».
Nel 2010 la GPG Film, casa di produzione cinematografica indipendente di Lissone, ha prodotto un film liberamente ispirato alla sua storia, diretto dall’amico Filippo Grilli, educatore presso l’Oratorio San Luigi. Il titolo, «Voglio essere profumo», rimanda a una preghiera che riportiamo più avanti, composta da Alessandro nei primi tempi della sua malattia e da lui rinnovata specie quando la sofferenza si faceva più intensa. La fonte per quel testo è l’episodio dell’unzione di Betania nel vangelo di Giovanni, brano che il seminarista scelse come base per la sua Regola di Vita, datata 6 agosto 2001.
Allo stesso film e ai valori in esso contenuti è stato ispirato uno degli annuali Laboratori della Fede promossi dalla Pastorale Giovanile dell’Arcidiocesi di Milano. Più a livello locale, sono numerosi i gruppi giovanili degli oratori ambrosiani che, a partire da quel lungometraggio e da alcuni scritti di Alessandro, pubblicati in un opuscolo allegato al DVD del film, hanno tratto percorsi di riflessione, specie nel tempo di Quaresima.
Il 2012 ha visto la nascita, a Lissone, dell’Associazione Culturale Alessandro Galimberti, che ha lo scopo principale di organizzare mostre ed eventi culturali con lo stesso sguardo meravigliato che il giovane aveva verso la natura e l’arte. Due anni dopo, in occasione del decimo anniversario dalla sua scomparsa, è uscita una più ampia raccolta dei suoi scritti, edita da Velar e Marna e curata da monsignor Apeciti, che non poteva avere altro titolo se non «Voglio essere come profumo di nardo».
La tomba di Alessandro si trova presso il Campo 2 del cimitero cittadino di Lissone. Forse è ancora presto per un pronunciamento ufficiale circa la sua presunta esemplarità, che tuttavia ha donato coraggio e speranza a molte persone.

Preghiera: «Barattolo di nardo»


Cosa di più bello dell’essere con Cristo... se solo riuscissi a salire su di lui, sui suoi piedi...

Signore Gesù,
voglio essere per te
come quel barattolino di olio di nardo
che Maria riversò sui tuoi piedi.
Voglio essere come nardo
per camminare con te,
amare con te le persone
che incontriamo quotidianamente;
voglio essere strumento di rivelazione
della tua presenza.
Dal mio profumo tutti devono sentire
che tu sei qui.
Dal mio profumo tutti si devono accorgere
della tua presenza,
del tuo amore.
Consumami tutto Signore,
non lasciare che nessuna goccia
vada sprecata.
Riversami dove tu vuoi;
fa’ che il mio agire,
il mio diffondere la tua presenza
parta sempre da te
e non avvicini amori fatui,
amori leggeri.
Io come quell’olio e come Maria
ho scelto la parte migliore
che non mi verrà tolta.
Aiutami ad afferrarti Gesù.
Non permettere che la vita
e i suoi buffi e strani andamenti
mi stacchino da te.
Ho trovato un tesoro,
una perla preziosa;
non posso sprecare
una così bella e grande occasione.


Autore:
Emilia Flocchini


Note:
Per contatti e approfondimenti: www.associazionegalimberti.org

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Aggiunto/modificato il 2014-05-02

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