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Beata Odette Prévost Vergine e martire

10 novembre

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Oger, Francia, 17 luglio 1932 – Algeri, Algeria, 10 novembre 1994

Odette Prévost nacque a Oger, nella regione francese della Champagne, il 17 luglio 1932. Inizialmente orientata alla vita contemplativa, entrò invece tra le Piccole Sorelle del Sacro Cuore, una delle congregazioni religiose ispirate agli insegnamenti del Beato Charles de Foucauld. Trascorse la maggior parte della sua vita da religiosa in Marocco e Algeria, accanto agli abitanti di quartieri poveri. Quando la situazione in Algeria cominciò a essere pericolosa, pur prendendo le necessarie precauzioni scelse di restare, per non abbandonare il popolo che serviva da più di trent’anni. La mattina del 10 novembre 1994, da poco uscita di casa per andare a Messa, venne uccisa a colpi d’arma da fuoco. Suor Chantal Galicher, la consorella che era con lei, sopravvisse. Compresa nel gruppo di diciannove martiri uccisi in Algeria tra il 1994 e il 1996, suor Odette è stata beatificata a Orano l’8 dicembre 2018, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica di tutto il gruppo cade l’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond.



Odette Prévost nacque a Oger, un villaggio nella regione francese della Champagne, il 17 luglio 1932, ultima di quattro figli. Dotata di un carattere difficile, era insieme gioiosa e riservata, timida e curiosa.
Nell’adolescenza affrontò un momento di crisi: non riusciva più a credere in Dio, come i suoi familiari le avevano insegnato. Uscì gradualmente da quella fase, tanto che, negli anni in cui era maestra in una scuola a tre chilometri da casa, prima di entrare in classe partecipava alla Messa delle 7.
Inizialmente pensò di aderire alla vita contemplativa, ma il suo parroco, don d’Halluin, le fece leggere la prima biografia di Charles de Foucauld (beatificato nel 1995), scritta da René Bazin. La lettura la lasciò così sconvolta che, a ventuno anni, entrò nel noviziato delle Piccole Sorelle del Sacro Cuore, una delle congregazioni religiose ispirate agli insegnamenti di De Foucauld.
Il cammino iniziale fu pieno di prove per suor Odette, a causa del suo carattere. Lo riconosceva lei stessa, nel 1954: «Ho un lavoro enorme da fare su questo punto. Non solo sopportare gli altri, ma aiutarli e amarli, senza giudicarli, non essere io stessa motivo di irritazione o di sofferenza per gli altri».
L’11 aprile 1956 professò i voti temporanei, poi, il 29 aprile 1958, venne inviata in Marocco, dove un eremita, padre Albert Peyriguère, aveva voluto una piccola comunità di religiose. Grazie a lui, suor Odette inizia ad addentrarsi nel mondo arabo, conoscendone gli usi e la lingua e familiarizzando con le ragazze del villaggio di El Kbab.
Professò i voti perpetui l’11 aprile 1959. Due anni dopo, rientrò in Francia, per dedicarsi alla formazione delle consorelle, specialmente in relazione agli studi biblici. Nel 1968 arrivò in Algeria, per l’apertura di una comunità a Kouba, un poverissimo quartiere di Algeri. Insieme alle altre suore, si fece costruire una casa, ma anche un centro dove accogliere le donne.
Ancora dal 1970 al 1975, suor Odette rientrò in Francia, per occuparsi della nascente comunità o fraternità di Argenteuil, in mezzo agli immigrati marocchini. Dopo altri cinque anni dal ritorno in missione, nel 1980, approfondì la propria conoscenza del mondo islamico studiando, per un biennio, al Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamologia (PISAI) di Roma.
A quell’epoca, precisamente al 1981, risale una sua riflessione sul senso della presenza dei religiosi e dei cristiani: «Dio ci ha immersi in un popolo diverso perché assumiamo in noi, nella nostra povera vita quotidiana, tutta la ricerca della Chiesa e la concretizziamo in piccoli atti semplici, nascosti, gratuiti, che vorrebbero però essere sempre portatori di amore e comunione».
Prima di riprendere la vita in missione, suor Odette trascorse un anno a Tamanrasset, nel deserto del Sahara, durante il quale compì un mese di Esercizi Spirituali nell’eremo che fu di Charles de Foucauld. Quel periodo di silenzio e contemplazione le servì come preparazione a una nuova fase della sua presenza in Algeria: tornata dal deserto, scoprì che le altre consorelle non erano più presenti nella loro casa di Kouba.
Per sei anni, fino all’arrivo di altre consorelle nel 1989, spese il proprio tempo stringendo legami di fraternità con gli abitanti del quartiere, con i bambini che aiutava nel doposcuola e i frequentatori del centro culturale diocesano dei Glycines, dov’era segretaria e professoressa di arabo corrente. Nel 1984 iniziò a frequentare gli incontri del Ribât es-Salâm (Vincolo di Pace), un gruppo per l’incontro e il dialogo tra musulmani e cristiani.
Intanto, però, la situazione in Algeria si faceva sempre più pericolosa. Molti giovani del quartiere dove suor Odette e consorelle abitavano aderirono al Fronte Islamico di Salvezza (FIS), mentre gli altri abitanti erano di giorno in giorno più disperati. Mai come allora, scrisse suor Odette nel Natale 1990, gli algerini avevano bisogno «di incontrare persone che vivono nella speranza. Sperare è vivere nella convinzione che il Dio vivo è con noi, è in noi e chiede soltanto il nostro impegno per mettersi ad agire».
Riflettendo poi sugli attentati di cui erano rimasti vittime molti religiosi, il più recente dei quali aveva causato la morte di suor Esther Paniagua Alonso e suor Caridad Álvarez Martín, Suore Agostiniane Missionarie, dimostrò come la scelta di restare non fosse causata da temerarietà: «Siamo consapevoli dei rischi che noi corriamo, ma che corrono anche i nostri vicini e amici a motivo della loro solidarietà con noi. E questo – cioè la loro sicurezza e quella delle loro famiglie – è l’interrogativo più importante».
Pur in quella situazione, suor Odette sentiva in sé una grande pace, che nella lettera per il Natale 1994 si sentì di paragonare alla gioia delle Beatitudini. Sul finire del mese di ottobre aveva comunicato a una vicina: «Sono venuta qui non per il gusto di lasciare il mio paese, ma perché amo questo paese, questo popolo, al quale voglio dare tutto, fosse anche la mia vita»
Per limitare i rischi, anche le Piccole Sorelle presero le loro precauzioni. Suor Odette rimaneva per l’intera settimana al centro dei Glycines, mentre una delle consorelle, suor Chantal Galichier, era invece ospite dei Gesuiti. Solo il mercoledì sera si riunivano per una serata comunitaria. Quanto ai luoghi e agli orari delle celebrazioni, venivano cambiati e comunicati all’ultimo momento.
Era stato così anche giovedì 9 novembre, quando le suore vennero informate che la Messa sarebbe stata celebrata nella chiesa parrocchiale di Kouba alle 8.30 dell’indomani. Suor Odette e suor Chantal uscirono di casa alle 8.15 del 10 novembre, per aspettare sulla strada un’amica che doveva venirle a prendere in automobile. Arrivò un’auto, ma non era quella che aspettavano: ne scese un uomo, che sparò alle due religiose. Suor Chantal rimase gravemente ferita, ma sopravvisse, al contrario dell’altra.
Suor Odette è stata inclusa, come le due Agostiniane Missionarie sopra citate, nella causa che contava in tutto diciannove candidati agli altari, tutti religiosi, uccisi dal 1994 al 1996, nel corso dei cosiddetti “anni neri” per l’Algeria. La loro inchiesta diocesana si è svolta ad Algeri dal 5 ottobre 2007 al luglio 2012.
Il 26 gennaio 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo al martirio dei diciannove religiosi. La loro beatificazione è stata celebrata l’8 dicembre 2018 nel santuario di Nostra Signora di Santa Cruz a Orano, presieduta dal cardinal Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato speciale del Santo Padre.
La memoria liturgica di tutto il gruppo è stata fissata all’8 maggio, giorno della nascita al Cielo dei primi due che vennero uccisi, fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2018-12-04

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