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Beato Giuseppe Maria Gran Cirera Sacerdote e martire

4 giugno

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Barcellona, Spagna, 27 aprile 1945 - Chajul, Guatemala, 4 giugno 1980

José María Gran Cirera nacque a Barcellona, in Spagna, il 27 aprile 1945. Emise la prima professione nella congregazione dei Missionari del Sacro Cuore l’8 settembre 1966 e quella perpetua l’8 settembre 1969. Fu ordinato sacerdote il 9 giugno 1972 a Valladolid. Dopo un periodo di servizio pastorale a Valencia, nel 1975 fu inviato in Guatemala, dove esercitò il ministero presso Santa Cruz del Quiché, fino al 1978. Successivamente fu destinato alla parrocchia di San Gaspare di Chajul, sempre in Guatemala. Fece suo il programma della comunità religiosa e della diocesi a fianco dei più poveri e degli indigeni, massacrati dal silenzioso genocidio messo in atto dalla autorità militari. Fu assassinato il 4 giugno 1980 insieme al sacrestano, Domingo del Barrio Batz, mentre rientravano a Chajul dopo una visita pastorale presso i villaggi della parrocchia. Aveva 35 anni. Incluso nella causa di beatificazione che comprendeva, oltre al sacrestano Domingo, all’altro sacrestano Tomás Ramírez Caba, due confratelli Missionari del Sacro Cuore e altri cinque laici della diocesi di Quiché, è stato con loro beatificato il 23 aprile 2021, sotto il pontificato di papa Francesco. I resti mortali suoi, di Domingo e di Tomás riposano nella chiesa di San Gaspare a Chajul.



Nato a Barcellona, Spagna, nel 1945, fu ordinato prete nel 1972. Quindi chiese di lavorare come volontario in Guatemala, dove giunse nel 1975.
Era già iniziata la guerra civile. Per cinque anni si prese cura di tre parrocchie nella diocesi del Quiché e, nel 1978, fu trasferito più a nord, nella stessa diocesi, a Chajul, dove fu assassinato il 4 giugno 1980 nelle vicinanze della frazione Xe Ixoq Vitz.
La sua massima aspirazione era servire i più poveri. “Vado al nord e sono molto contento, era quanto speravo di fare da quando sono arrivato in Guatemala”, scrisse ai famigliari. Chajul era una parrocchia immensa e difficile, sia per la situazione geografica e il clima, sia per la presenza di una cultura e di una lingua sconosciute, ma soprattutto per la dura repressione militare. José Maria era un uomo molto sensibile, dal cuore inquieto.
Si identificò subito con la laboriosa popolazione locale. Doveva camminare ore per raggiungere i villaggi sparsi in zone inaccessibili, senza strade, con un clima spesso avverso e pericoli di violenza.
“Sto riscoprendo il Natale. Gesù è venuto per dar voce e speranza a tutti gli esseri umani, specialmente ai più poveri e delusi dalla vita. Da quando sono tra questa popolazione del Quiché, lo capisco sempre più. La gente mi ha aiutato a vivere la speranza e la gioia che viene da Gesù”.
La signora Juana Laynez, che lavorava nella casa parrocchiale, afferma: “Era molto entusiasta e contento di lavorare nelle comunità. Quando rientrava dalle comunità, esprimeva la sua gioia di essere venuto a lavorare nella nostra parrocchia”.
Nei suoi scritti descrive le sofferenze, carenze e persecuzioni della popolazione; aveva le idee chiare sull’essere missionario e l’opzione per i poveri.
Era cosciente dell’instabilità politica: “Ci sono molti soldati. Per la gente è fondamentale la presenza del parroco, anche se in concreto può fare ben poco; ma la gente sente la vicinanza e la condivisione”. Una vicina racconta: “Spiegava la parola di Dio alla nostra portata, camminava con noi portando la nostra croce. Perciò non davamo retta alle calunnie messe in circolazione dai soldati contro di lui”. Rimase a Chajul solo un paio d’anni, ma lo ricordano gioviale e attento alla vita della gente. Soffriva molto perché ogni settimana si scoprivano corpi martoriati di contadini. José Maria incontrava i famigliari superstiti. La maggioranza dei 39 occupanti dell’ambasciata spagnola a Città del Guatemala, trucidati il 31 gennaio 1980, erano braccianti e alcuni catechisti del Quiché. Questi fatti colpirono profondamente la popolazione locale.
La Chiesa rispose ribadendo l’opzione solidale per i poveri. José Maria fu convocato dal comandante del distaccamento militare e accusato di complicità con la guerriglia. Rispose che la Chiesa era preoccupata di quanto stava vivendo il popolo, lavorava per la pace e i suoi messaggi avevano come unico scopo di far cessare violenza e morte. Si intensificarono le calunnie e i sospetti contro preti e catechisti, assimilati ai sovversivi. Cosa che favoriva i sequestri, le sparizioni e gli assassinii.
Il 4 giugno, mentre tornava da una visita alle comunità della parrocchia, José Maria fu intercettato da una pattuglia militare insieme al suo sagrestano, Domingo del Barrio. Entrambi furono colpiti alle spalle. Nelle loro borse furono poi furtivamente inseriti dei volantini sospetti per confermare che erano sovversivi e giustificare così il crimine.
Un anziano afferma che quando verso sera giunse la notizia della morte, a Chajul si diffuse una grande tristezza e sulla terra insanguinata dai cadaveri cadde una pioggia torrenziale, segno del “gran dolore di tutto il popolo, che pregava per due autentici testimoni del regno di Dio”. Durante la notte, nonostante il coprifuoco, corse di casa in casa la voce che si stava preparando segretamente una grande veglia. Era la prima volta che si verificava un evento così grave: tutti erano indignati, terrorizzati. Al mattino presto molti uomini, donne e bambini si incamminarono verso il luogo dell’assassinio. Un braccio del religioso era stato mozzato e giaceva a un metro dai suoi resti. I soldati avevano utilizzato i paramenti sacri per scriverci sopra parole compromettenti. Come sulla croce di Gesù.
Un catechista ricorda che durante l’ultima messa José Maria aveva detto che in quel momento erano tutti chiamati a seguire Gesù Cristo, per portare insieme con lui la croce del Quiché.


Autore:
Mons. Rosolino Bianchetti


Fonte:
www.saveriani.it

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Aggiunto/modificato il 2021-04-21

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